Ballata del brigante terracinese Giuseppe Mastrilli
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01   Se l’uomo di cui narro qui la storia

       Avesse ingegno e cuore dedicato

       Al bene, egli non certo una memoria

       D’infamia e di nequizia avria lasciato;

       Anzi, pel suo coraggio a eccelsa gloria

       Saria salito, e presso al suo onorato

       Sepolcro, il passeggero, in sulla sera,

       Avrebbe mormorato una preghiera.    

 

02      Invece, benché morto confortato

Dai santi Sacramenti della Chiesa

Il nome suo dai posteri è esecrato

Ne’ c’è chi di lui prenda la difesa;

Ché di troppi delitti fu infamato

E troppo ardita fu la sua pretesa

Di imporre la giustizia del più forte

E, a piacimento suo, dare la morte.  

 

 03     Da famiglia onorata e doviziosa

        Nacque Mastrilli in quel di Terracina

        Anima passionale ed orgogliosa,

        Per una giovinetta, sua vicina

        D’amor fu preso e volea averla sposa

        Ma quest’amore fu la sua rovina,

        Ché la fanciulla già sentiva in cuore

        Pel figlio di un mercante un forte amore.   

 

04    Quando alla giovinetta, rivelata

Egli ebbe la passion che il cor gli preme

Ella rispose: - Già sono impegnata

Perciò dal cuore togliti ogni speme.

Un’altra donna, bella ed onorata

Cerca, e felici voi vivrete insieme.

Ti ringrazio, Giuseppe, dell’onore

Che mi fai, ma ad un altro ho dato il cuore.  

 

 05    A tali detti, Mastrilli, da furore

      ‘E preso, e il suo rivale va a trovare.

       Gli dice: - Alla fanciulla del tuo cuore

       Ti prego per il tuo ben di rinunciare:

       Oppure, te lo giuro sul mio onore

       Tu, con Peppe Mastrilli avrai a che fare.

       L’altro, a sua volta, fa la faccia scura

       E risponde: - Di te non ho paura!…  

 

 06    Non finisce neppure la parola

       Che Mastrilli di tasca trae un coltello

       E ratto, glielo pianta nella gola.

       Poi torna a casa sua, si fa un fardello

       Della sua roba, prende una pistola,

       S’avvolge ben stretto nel mantello:

       Poi fugge nella macchia, e quivi resta

       Che assai pratico egli è della foresta.



 07    Il padre dell’ucciso, costernato

      A Frosinone va da Monsignore;

      Gli narra del figliuolo trucidato

      Da Giuseppe Mastrilli, per amore.

      Lo tranquillizza, tosto, il magistrato

      E pone, intanto, sopra il malfattore

      Una taglia di ben trecento scudi:

      Sia cercato per macchie e per paludi.  

 08    Dodici guardie ed un tenente armati

       Da Frosinone muovono repente

       In cerca del bandito, in ciò aiutati

       Da molti paesani ed altra gente,

       Che son trecento scudi guadagnati

       Per chi indizi darà del delinquente.

       Mastrilli apprende tutto, e verso il centro

       Della macchia si fa sempre più addentro.

  

09    Ma, spinto dalla fame, cautamente

Esce per procurarsi da mangiare

Ma, appena fuori, disgraziatamente

Nella scorta si va proprio a incontrare.

- Ah – Gridano i soldati – finalmente

Caro Mastrilli. Ti si può acchiappare!

Lor risponde il bandito: - In prigionia

Non riuscirete a trarmi. Andate via!…  


 
10    Il tenente rimane un po’ interdetto;

       Poi comanda il bandito di arrestare.

       Ma questi, punta subito il moschetto

       E grida: - Il primo che oserà avanzare

       Si prenderà una palla in mezzo al petto,

       Ve lo ripeto: Non mi fo arrestare!

       - Fuoco! – grida il tenente; ma il brigante

       Due guardie stende a terra in un istante.  

 

 11    Schiva svelto ogni colpo a lui diretto,

       Peppe Mastrilli, e seguita a sparare.

       Non ha tregua un minuto il suo moschetto

       E, due soldati ancor fa stramazzare;

       Altri due ne colpisce in mezzo al petto

       E voglia sembra aver di seguitare…

       Il tenente, allibito, fugge via

       E così in resto della compagnia.   

12    Mastrilli pensa che la posizione

Sua, con tal nuovo fatto, s’è aggravata;

Oramai sono cinque le persone

Che ha ucciso e la sua causa è disperata. 

Or non si tratta più della prigione

Ma la mannaia già gli è preparata.

Unico scampo è rimaner celato

E fuggire, al più presto in altro Stato.

 13    Varca così il confin napoletano

E giunge in luogo detto: “La Portella”.

Ma per quanto cammini fuori mano

S’imbatte in un’accolta sentinella

Che gli chiede: - Chi sei? – Sono un romano

E vado a Gaeta, da una mia sorella.

- Se il passaporto non mi puoi mostrare

Mio caro amico, non ti fo passare!…

 

14    Non trovando altra via, dice il bandito:

- Caro signore, avevo il passaporto

Ma durante la strada l’ ho smarrito

E se mi vieti il passo mi fai torto…

L’altro insiste e gli prende il suo partito:

Con una palla lo fa cadere morto…

Poi, di tristi pensieri in compagnia

Allunga il passo e seguita la via.

 

15    Gli torna in mente tutto il suo passato

Ed il rimorso gli tormenta il cuore:

“Sotto cattiva stella, ahimé  son nato

E causa dei miei mali fu l’amore!

Cambierò vita e mi faro soldato

E ricupererò forse l’onore!”

A tal pensier l’animo suo s’acquieta

E sosta a quattro miglia da Gaeta.

 

16    E stanco chiede asilo a un pescatore:

- Per questa notte mi puoi dar ricetto?

Quello risponde: - Lo terrò ad onore

Il poterti ospitar sotto il mio tetto;

Soltanto mi dispiace, che il favore

Sarà turbato, che ho mia moglie in letto:

Ella è prossima al parto, e capirai

Che le sue grida e i suoi lamenti udrai.

 

17    Ecco che allo spuntare del mattino,

La donna, dopo aver tanto penato

Dà alla luce un amore di bambino

Che Mastrilli, Giuseppe vuol sia chiamato

Dicendo – Voglio essere il padrino

Di questo fiorellino ch’è sbocciato.

Poscia bacia sul volto il suo compare

E un regalo promette alla comare.

 

18    Poi la sua storia narra al pescatore:

- Sappi, che un assassino sono stato;

Cinque persone ho ucciso, ma l’amore

Al delitto primiero m’ ha guidato.

A riscattare il mio perduto onore

Or ho in idea di diventar soldato.

Rispose il pescator: - Non lo puoi fare

Che il re non vuol più gente assoldare.

 

19    - E allora? – fa Mastrilli disperato –

Che cosa posso fare, amico degno?

-Vedrò di trarti dal cattivo stato

- Rispose l’altro – anzi ne prendo impegno

Vo subito a trovare un mio fidato

Amico, onde ti trovi qualche legno

Che lontano ti possa traghettare

Sì che in pace tu possa lavorare.

 

20     Esce il falso compare, e difilato

Dal bargello si reca: - Mio Signore

La taglia su Mastrilli ho guadagnato

Ché il bandito, che desta tanto orrore

Trovasi in casa mia ricoverato

E in un istante, senza far rumore

Voi prenderlo potete e trarlo via

Dalla povera e onesta casa mia.

 

21    Sorpreso dall’assalto inaspettato

Si difende Mastrilli, tuttavia

Ma trovandosi solo e disarmato

Soccombe, e mentre che lo portan via

Al pescatore dice: - Rinnegato,

Falso compare, la vendetta mia

Non tarderà, ché, vile traditore

Mi riprometto di cavarti il cuore!…

 

22    In un’oscura cella imprigionato

E si può dire senza nutrimento

(Che solo pane ed acqua gli vien dato)

Geme Mastrilli. Il suo maggior tormento

Non è però trovarsi incatenato

Ma non poter punire il tradimento.

E sogna veder morto il traditore

Con una pugnalata in mezzo al cuore.

23    Dopo quattr’anni e più di prigionia

A Napoli, Mastrilli vien portato

Quivi la sorte sua si fa più ria

Ché in galera egli viene incatenato

E lì pensava con malinconia

Al suo triste e terribile passato

Allorché il Comandante a visitare

Lo venne per poterlo interrogare.

 
24   
Il capitano vien così a sapere

Ch’egli dipende dal Romano Stato

E quindi, ordina tosto al Cancelliere

Che a Roma, immantinenti sia portato

Chi può dire di Mastrilli il dispiacere

Pensando che colà sarà impiccato?

Invano maledice la sua sorte

Purtroppo a Roma troverà la morte!…

 

25    Verso Roma viaggiava la Regina

Con la sua damigella, e nel vedere

Una nave alla sua tanto vicina

Chi vi stia all’interno vuol sapere.

Le dicon: - Va nella città Latina

Un uomo ch’era nostro prigioniere;

Ma di Roma appartiene egli allo Stato

E laggiù egli dev’esser giustiziato.

 

26    Mossa a pietade la Regal Signora

Ordina che quell’uom sia scatenato

E che, nel breve termine di un’ora

Alla sua libertà sia ridonato.

Dell’ ordine si fa mallevadora

E a regolar l’affare con lo Stato

Penserà lei, ma in libertà si metta

Quell’uomo e gli sia data una barchetta.

 

27    Giunge Peppe Mastrilli a Terracina

Ma Dio lo sa in che trista condizione!

A riveder la sua terra vicina

Lo prende al cuore sì forte commozione

Che s’inginocchia, e alla bontà divina

Rende grazie con fervida effusione;

Quindi alla porta della sua casetta

Picchia due colpi e trepidante aspetta!

 

28   Gli aprono i figli e restano stupiti

Nel rimirar il proprio genitore;

Poi nel vederlo lacero e sfinito

Si sentono straziare dal dolore.

Lo portan dentro, e quando rivestito

E confortato con novello amore

Gli chiedono come mai sia liberato

Ed egli narra il caso avventurato.

 

29  Dopo tre giorni egli ha ripresa lena,

E dice ai figli: - Debbo qui vicino

Recarmi, non dovete stare in pena

Ché tornerò domani in sul mattino

E sarò in casa appena il sol balena.

E così detto, salisce al suo stanzino

Si veste in fretta e la casetta lascia

Armato di fucil, coltello ed ascia.

 

30    Alla casa sen va del pescatore

E al sol vederlo quegli impallidisce:

Dice Mastrilli, - Vile traditore,

Al mondo, tu lo sai, tutto finisce.

Poi, traendo il coltello, un colpo al cuore

Gli vibra, e ancora al viso lo ferisce:

- Muori da cane, vile, rinnegato,

Compare infame e amico scellerato!…

 

 31     Ritorna quindi i figli a ritrovare

Ed ecco che davanti alla casetta

Dove alloggia con i figli, va a passare

Il Capitano, che per sua disdetta

Mastrilli volle a Roma rimandare.

Mastrilli grida: - Chi la fa l’aspetta

Ogni colpa si paga, amico caro

Ed io con te ci ho proprio il cuore amaro.

 

32    Al Comandante postosi davanti

Tenendo sempre il suo moschetto in mano

Gli impone: - Tu mi devi qui, in contanti

Versar tremila scudi, capitano.

Non mi commuoveran preghiere e pianti

E la tua scorta si opporrebbe invano

Che insieme ai miei figliuoli, noi possiamo

Darti la prova di che gente siamo.

 

33    Il Comandante non si fa pregare

E chinata la testa al suo destino

Acconsente la somma di pagare

E scrive alla sua sposa un bigliettino

Pregandola al lator di consegnare

La somma. Tosto, ponesi in cammino

Un figlio di Mastrilli per portare

La lettera ed il denaro riportare.

 

34    Con quella somma, pensa allor di andare

A Roma per pentirsi in confessione

Ma la strada è insidiosa e scorazzare

Si vede di banditi una legione.

Però Mastrilli, lo faran passare

Che hanno per lui una grande ammirazione

Egli così prosegue a camminare

Quando sente alle spalle un gran rumore

E di spari suonar, forte il fragore.

 

35   Ritorna indietro e vede che un signore

Era stato assalito dai briganti:

Però si difendeva con valore

Ma si capiva, che tra pochi istanti

Sarebbe stato vano il suo vigore:

Ch’egli è solo e costoro sono tanti!

Ma vedendo Mastrilli che s’avanza,

Aiuto chiede, pieno di speranza.

 

36    Mastrilli gli risponde: - Con piacere

V’aiuterò, ché i vostri assalitori

Sono miei amici, ed alle mie preghiere

Da ogni periglio vi trarranno fuori.

Dice: - Libero sia questo Messere

E compensar saprò i vostri favori!

Rispondono: - A Mastrilli, rifiutare

Non si può nulla e quei lasciano andare.

 

37    Riconoscente, allora quel signore

Dice a Mastrilli: - Il  Principe Corsini

Io sono e ricambiar vuo’ il tuo favore:

Di Toscana varcar se vuoi i confini

Io di te mi farò mallevadore.

Gli dona intanto un poco di quattrini

Con uno scritto pel Governatore

Dove lo raccomanda con fervore.

 

38    Mastrilli lo ringrazia e s’incammina

Di nuovo verso Roma, e attraversata

Nascostamente la Città Latina

In Toscana dirige la sua andata.

Ma quanto più a Firenze si avvicina

Più l’anima si sente addolorata;

Ed una forte ambascia il cor gli serra

Nel ricordare la sua nativa terra!…

 

39    Passa in Toscana giorni tristi e amari

Ché preso vien da acuta nostalgia:

Ha quasi terminato i suoi denari

E l’affanna, del cuor la malattia…

Scrive allora una lettera ai suoi cari:

“ Voglio morire nella terra mia! “

Ed a Livorno, va per traghettare

E presto a Terracina ritornare.

 

40    Tornato in patria, sente che la vita

Gli sfugge e a casa va di suo nipote

E gli dice: - La mia vita è finita

Poi, col pianto che gli riga le gote:

- Pria che l’alma da me sia dipartita

Corri presto a chiamare un sacerdote

Che al più presto mi voglio confessare

Sì che il Signore mi possa perdonare!…

41    Parte il nipote ed ei si mette a letto

Poi volge al cielo la sua prece ardente:

- O Signore Gesù Cristo diletto

Tu che patisti per l’umana gente

Or dovrò comparire al Tuo cospetto

D’averti offeso tanto son dolente!

Abbi pietà di me, Cristo Signore

E perdonanza dona al peccatore!…

 

42    Non appena avvertito il suo curato

E il medico condotto, il buon nipote

A casa sua ritorna difilato

E poco dopo segue il Sacerdote.

Dopo che si fu bene confessato

Mastrilli dalla pena si riscuote;

Ché il Curato gli da l’assoluzione

E gli amministra, poi, l’Estrema Unzione.

 

 43    Il giorno appresso, allo spuntar del giorno

Mormorando preghiere ed orazioni,

Beppe Mastrilli al cielo fa ritorno.

Il suo nipote ed i parenti buoni

Al suo letto di morte sono intorno

Pregando che il Signore gli perdoni

E mentre questo avvien , la Polizia

Lo cerca, per tradurlo in prigionia.

 

44    Il nipote si reca dal tenente

E gli dice: - Il cercar Mastrilli è vano

Che ora egli è tra la perduta gente

Mentre l’anima sua vaga lontano!

Un caporale, che tal cosa sente

Corre a casa del morto, armata mano

E con la daga, un colpo ben gli assesta

Staccandogli di netto collo e testa.

 

45    Quindi a Napoli va, e al Governatore

Dice: - La testa è questa del bandito

Che, pei delitti suoi destò l’orrore:

Adesso, per mia mano egli è perito.

Spegnendosi da vero peccatore

Riscuotere voglio il premio ambito

- ‘E giusto, gli risponde il Magistrato:

Ed ordina che il premio sia pagato.

 

46    Qui la storia di questo sventurato

Ha termine ed il lavoro mio à finito:

Molto ei peccò, però del suo passato

Al Signore chiese venia, e il cor contrito

Offerse, ad espiare il suo peccato.

Nel suo amore dolcissimo e infinito

Pei peccatori, Iddio buono e pietoso

Dia a quell’anima povera il riposo.