Edilizia civile medioevale

 

La mancanza di spazio all’interno della cinta muraria volsco-romana ha finito per condizionare non poco l’edilizia medioevale.
Anche se le costruzioni non cancellarono mai completamente l’impianto urbano di epoca romana,  per sfruttare al massimo gli spazi disponibili, si è fatto ricorso anche ad una certa libertà tipologica, sia per le case-torri, sia per le case gotiche.
Comunque, è un dato di fatto notevole che anche le costruzioni medioevali non cancellarono mai completamente l’impianto urbano di epoca romana, sia perché già i romani avevano sfruttato razionalmente tutti gli spazi disponibili, sia perché le alternative sarebbero risultate molto dispendiose (nuove sostruzioni, terrapieni, nuova cinta muraria…).
(I percorsi medioevali tratteggiati si sovrappongono quasi sempre a quelli romani in neretto. (Da P. Cavalieri)

Gli effetti più vistosi degli adattamenti agli spazi ed ai percorsi precedenti si riscontrano lungo l’odierno Corso Anita Garibaldi, ma soprattutto sulla Piazza del Municipio.

 Casa degli Azzi o casa-torre di Via SS. Quattro. La costruzione presenta pianta triangolare adattata al punto di incontro di tre antichi percorsi strategici. La posizione, lo spessore dei muri, le aperture limitate le fanno acquistare l’aspetto di una vera e propria macchina da guerra. A lato della piccola porta d’ingresso sull’angolo una lapide rivela cronologia e proprietà della casa-torre:
In anno D
(omi)ni MCCLXXXIII Greg(orius) De Aczo Emit Domum istam. Quindi, Gregorio, della famiglia degli Azzi, comprò questa casa nel 1283. (F. 1)

 Restauri recenti. Nell’anno 2003 questa casa ormai fatiscente, bisognosa di restauro, anche in seguito ai bombardamenti dell’ultima guerra, è stata finalmente restituita, almeno nel suo aspetto esteriore, alla città. Come spesso accade in queste occasioni non è stato facile decidere cosa fosse degno di restauro, data la presenza di non pochi interventi succedutisi nei secoli. I disegni (P.C. 1989), ancor meglio delle foto attuali, consentono di leggerne l’impianto medioevale (F. 2) 

Casa-torre di Orazio Migliore. L’edificio si trova dove passava l’antica scalinata che conduceva al Castello. Fu inglobato in un edificio più grande di epoca successiva. I bombardamenti dell’ultima guerra hanno distrutto quasi tutto il resto, ma lasciate abbastanza intatte le facce sud ed ovest della torre gotica, fino al terzo piano. (F. 3) Sull’architrave una iscrizione di difficile lettura riporta: Horatius melior iud.

 Casa-torre di Vicolo della Palma, meglio conosciuta con il nome di “Casa della Bifora” . La pianta su cui è edificata ha forma trapezoidale e si articola su tre livelli. Un po’ poco per una casa-torre che, in genere, raggiunge il quinto piano. In origine, però, forse era più alta, tanto più che anche il terzo piano sembra aver subito una ricostruzione, in epoca antica però. (F. 4) 

Case medioevali di Piazza Campo dei Fiori. Le abitazioni poste sul lato sud in origine dovettero affacciarsi su uno spazio interno privato, più tardi diventato piazza pubblica. L’edificio di destra conserva l’aspetto di una casa-torre. Lo indicano: l’ingresso primitivo rialzato e le finestre piccole disposte su di un piano obliquo che seguiva l’andamento della scala interna. Alcune aperture più grandi, di stile romanico sono chiaramente di epoca più tarda.
Interessante è l’uso (meglio, il riutilizzo) di colonnine “a stampella”  di stile longobardo nelle bifore.
(F. 5)

 Casa di Piazza Cancelli. Qui l’aggregazione degli edifici intorno ad uno spazio interno è più leggibile che altrove. L’immobile di maggior interesse è posto sul lato meridionale, quello che permette dai piani alti l’affaccio sulla pianura sottostante e sul mare. Gli spazi abitativi sono distribuiti su quattro piani. Una struttura porticata a pian terreno (profferlo) è sormontata da un balcone con archetti pensili. (F. 6) 

Casa gotica ai numeri civici 56 - 58 in Corso Anita Garibaldi. Qui l’affaccio della domus gotica si allinea al percorso urbano più importante, quello che in epoca romana era stato il decumano maggiore. L’immobile si sviluppa su quattro livelli: a pian terreno c’era il laboratorio o bottega, sui piani superiori i vani abitati. Era questa la tipica abitazione che ospitava nel ‘200 il nascente ceto borghese. Il proprietario, se poteva, nobilitava la costruzione con elementi decorativi di stile cistercense (Fossanova non era lontana): notate l’ingresso e le due bifore del primo piano. (F. 7)

 Scorcio di Via Garibaldi. Gli ingressi alle botteghe poste a piano terra di molte case gotiche appaiono spesso meglio conservate dei piani superiori, laddove le ristrutturazioni e le mode che cambiano, hanno spesso cancellato l’impianto gotico originario delle facciate. (F. 8)

 Casa gotica ai numeri civici 85 – 87 di Corso Anita Garibaldi. La moda di intonacare i muri esterni, diffusasi soprattutto dalla fine del ‘700, ha fatto sì che alcuni edifici hanno perso il loro aspetto primitivo. Però, in occasione di restauri e risanamenti igienici, si possono scoprire bifore occluse ed ingressi murati. Il lavoro, per quanto attento e rispettoso, può restituire solo in parte la lettura dell’originale. (F. 9) 

Via Greggi. Spesso i nomi delle strade delle piazze e dei vicoli portano i nomi di famiglie notabili che vi abitarono sul finire del ‘700, (allorché, durante i lavori di bonifica ordinati da Pio VI, Terracina conobbe un momento di grande fervore urbanistico): i Tassi, gli Assorati, i Vitelli, gli Angeletti… Questa casa, in quel periodo, appartenne a Pietro Greggi, il quale fece fortuna come incettatore di grano. (F. 10) 

Vicolo degli Angeletti. A dire il vero la targa su Corso A. Garibaldi recita “Vicolo dell’Agioletto” ! Il Portone settecentesco si trova in via Sant’Eusebio, accanto al palazzo della famiglia Angeletti. Il più noto di questa genia, sul finire del ‘700, era G. Battista Angeletti: affittuario di terreni da subaffittare, appaltatore di servizi pubblici, oculato speculator ben ammanicato con la Curia papale. Non proprio un angioletto, a sentire le lamentele della popolazione del tempo. (F. 11)     

 

Palazzo Venditti fu, probabilmente il primo palazzo comunale di Terracina. Ad avvalorare questa ipotesi concorrono vari elementi. 
-         ‘E il palazzo gotico più grande ed elegante di Terracina
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Il primo piano, ora suddiviso in sei vani abitativi, poteva costituire in origine la sala del consiglio. (F. 12)
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L’epoca di costruzione ( XIII sec.) coincide con l’affermarsi del potere comunale che acquista dignità pari a quello ecclesiastico. 
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La costruzione affianca, non solo simbolicamente, la facciata della cattedrale e si pone in una posizione che controbilancia la presenza della residenza vescovile.
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Viene edificato sull’antica porta di accesso al foro (il lato orientale conserva l’arco romano), ma l’esigenza di una maggiore superficie costringe ad impostare, sulla via che scavalca, un soffitto a doppia crociera ed un nuovo arco (questa volta ad ogiva) sul lato della piazza. Il corpo dell’edificio risulta avanzato rispetto alla facciata della chiesa, quasi a filo dell’inizio della scalinata d’accesso alla Cattedrale. (F. 13)
-         La trifora che si affaccia sulla scalinata della chiesa è di splendida fattura, in perfetto stile gotico cistercense. (F. 14)

 Torre dei Rosa o Torre frumentaria. Per i Terracinesi però è semplicemente La Torretta. ‘E l’edificio civile fortificato più imponente della città. Costruita senza fondamenta sulla platea lastricata del Foro Emiliano, gareggia in altezza (30 metri) con il vicino campanile. La famiglia dei Rosa, a cui appartenne nel XII e XIII secolo, le dette il nome. Restaurata dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, ospita ora l’archivio storico, l’ufficio cultura ed il civico museo. (F. 15)

 Disegni sul lastricato del foro. Di fronte alla torre, due fasce parallele degli antichi lastroni sono state scalpellati e riempiti con disegni geometrici. Sebbene vengano fatti risalire ad epoca medioevale, se ne ignora uso e significato. Le ipotesi più accreditate li interpretano come delimitazioni  e percorsi funzionali a cerimonie civiche o religiose, rappresentazioni, cortei, recite, tornei…. (F. 16) 

Rocca Traversa. Castieje, così lo chiamavano i Taracinesi, fu edificato all’angolo nord-est  della cinta muraria, a 54 metri sul livello del mare, trasversalmente al crinale. Lo sviluppo in altezza, eccessivo rispetto alla larghezza, rivela la preminente funzione di avvistamento ancor più che quella difensiva. Dal terrazzo è possibile controllare i due versanti del colle su cui sorge: quello interno con la Valle, racchiusa dal semicerchio montano, e l’altro che dalla città arriva al mare. La posizione dominante ben risalta dall’acquerello di S. Corrodi del 1840. (F. 17)

 I Frangipani o Eugenio III? Uno dei nomi della fortificazione è anche: Castello Frangipane, Si sa che i Frangipane entrarono in città a tradimento nel 1143, ma il castello c’era già? Si da per certo, però, che i Terracinesi nel 1202 riuscirono a scacciare i Signori dal castello eleggendolo per il futuro a simbolo della libertà comunale. I Frangipane, comunque, continuarono ad esercitare il loro controllo sulla costa dall’Astura al Circeo, oltre che a tenere in posizione di prestigio  ancora per molti anni in Roma  la loro casata.

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 L’iscrizione di Eugenio III. Il pontificato del papa banditore della seconda crociata durò dal 1145 al 1153 quindi a questi anni bisogna far risalire l’iscrizione scalpellata sul lato sud della torre. In essa si dice chiaramente che è stato lui a far erigere la fortezza:
EUGENIUS PAPA III HOC OPUS GLORIOSE IPSIUS MEMORIAM REPRAESENTANS FIERI IUSSIT….. (F. 18)

Quindi i Frangipane potettero occupare il castello che porta anche il loro nome solo dopo la morte di Eugenio III (1153) e lo tennero fino all’insurrezione cittadina del 1202.

 Dall’antica acropoli al bombardamento.  Se i primi interventi mirati al rafforzamento della struttura difensiva possono farsi risalire al X secolo, il nucleo più antico è appartenuto alla prima acropoli della città. I blocchi rettangolari alla base del torrione sono addirittura di epoca repubblicana ed il muro laterizio di sud-est è di epoca imperiale. Ampliamenti successivi al XII secolo continuarono fino al ‘700. Gravemente danneggiata dalla guerra, la costruzione è ancora oggi (2003) oggetto di restauro. (F.19)

 13 bombardamenti. Stupisce che sia rimasto relativamente molto della città medioevale dopo 12 incursioni aeree americane ed una tedesca. Paradossalmente, anzi, Terracina sotto le rovine del medioevo riscoprì le “ossa” della sua romanità (lo vediamo meglio nei capitoli dedicati ai monumenti romani ). Le strutture medioevali spesso crollarono, ma le antiche tracce di Roma riapparvero beffarde. Anche la sede Comunale che sorgeva di fronte alla sede moderna non esiste più ma ha rivelato sotto il crollo un tratto dell’Appia ed il portico dietro la scena del teatro romano. (F. 20)

 Vicolo di Porta Nova. Questo percorso che collega la Cattedrale a San Domenico, attraverso Porta Nova, ha subito gravi stravolgimenti, ma forse le bombe hanno fatto meno danni dei ricostruttori: il palazzo sulla destra non esiste più, ma al suo posto è venuto fuori il tempio romano del Capitolium. Sulla sinistra invece, sono spuntate scalette, balconi, tettoie, in barba al buon gusto e a tutte le regole di convivenza civile. Si confrontino le due foto di prima e dopo la guerra. (F. 21) (F. 22)

 Vicolo della Rota. Diciamo qui per inciso che la Rota da cui il vicolo prende il nome è la ruota dell’acquedotto, cioè il castello di distribuzione delle acque che erano condotte qui dall’acquedotto romano proveniente da Amareno. In questo vicolo sembra quasi che il tempo si sia fermato. Si mettano a confronto le due immagini. La prima è un acquerello di Onorato Carlandi del 1885 la seconda una foto del 2003: è cambiata solo la lanterna ed una ringhiera ed anche il falegname in strada ormai non c’è più. (F. 23) (F. 24)

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