I luoghi della preistoria

Il clima, con le sue variazioni anche molto consistenti, è stato il fattore che più di altri ha provocato modifiche profonde al territorio, specialmente se ci si muove lungo diagrammi temporali misurati nell'ordine di decine di millenni.

Prendendo in esame "solo" gli ultimi 200.000 anni - per ovvie ragioni, quelli geologicamente meglio documentati - assistiamo a variazioni climatiche ed a conseguenti trasformazioni, anche molto consistenti del territorio costiero.

I due fossili qui rappresentati sono testimoni delle oscillazioni climatiche che hanno interessato i nostri mari. A, la Cyprina islandica è una conchiglia bivalve presente in una fase climatica fredda: il nome specifico richiama l'habitat dell'Islanda o della Scandinavia. B, lo Strombus bubonius è un gasteropodo, ospite del Mediterraneo durante una fase climatica calda. Il mollusco vive tuttora sulla costa del Senegal. Appunto tra questi due estremi - Scandinavia ed Africa Centrale - oscillò il clima dalle nostre parti, negli ultimi 200.000 anni.

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Le ricostruzioni del territorio (P. Bono, 1980) mostrano il tratto costiero che va da Anzio a Sperlonga. Così doveva apparire durante il Pleistocene Medio - Superiore, circa 200.000 anni fa. Si noti come in quel periodo interglaciale, per effetto dello scioglimento dei ghiacciai, il livello marino, circa 9 metri più alto dell'attuale, avesse sommerso gran parte delle pianure costiere.

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Questa seconda cartina mostra la situazione durante il Pleistocene Superiore, circa 50.000 anni fa. Allora, in piena glaciazione di Wűrm, l'acqua sottratta per evaporazione agli oceani si accumulò per millenni sui monti sotto forma di ghiaccio e provocò il conseguente abbassamento della superficie marina per oltre 100 metri rispetto all'isobata attuale. Qui, non solo le terre costiere appaiono riemerse, ma anche un largo tratto di costa in direzione delle Isole Pontine, fin dove ora si trova l'isobata - 120. Questo fu l'ambiente che frequentò, cacciando, l'uomo del Circeo.

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L'ultima glaciazione, quella di Wűrm, non conserva certo temperatura costante per millenni, ma oscilla raggiungendo fasi critiche di freddo negli anni: 60.000 (Wűrm I ), 40.000 (Wűrm II), 22.000 (Wűrm III), 15.000 / 8.500 (Wűrm IV). Con quest'ultima data siamo già entrati nell'Olocene, in tempi ormai vicini a quelli storici ed il territorio, modifiche antropiche a parte, rassomiglia molto a quello attuale.

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Guardando l'ambiente attuale è difficile immaginarselo nel tempo in cui andava a caccia l'uomo di Neanderthal: foreste di abete bianco e betulle che cedevano il passo alla steppa, neve sui nostri monti fino ad estate inoltrata, l'orso delle caverne che contendeva agli uomini il caldo umido delle grotte. E proprio le grotte del litorale furono le preziose protagoniste, deputate a testimoniarci la presenza dei cacciatori preistorici. Oltre alla notissima Grotta Guattari, presentiamo qui altre due cavità che si trovano ai punti estremi del territorio preso in esame. La Grotta delle Marmotte, sulla costiera di Sant'Agostino, tra Gaeta e Sperlonga,

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e la Grotta Breuil al Circeo. Si noti come quest'ultima, accessibile ora soltanto dal mare, di trovi pochissimo al di sopra della linea di riva attuale. Si consideri che durante le oscillazioni climatiche della glaciazione di Wűrm, anche il territorio oggi compreso tra le isobate 0 e -120 era in gran parte disponibile ed offriva certamente altre cavità ora sommerse.

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Le stazioni all'aperto difficilmente sono scampate ai grandi lavori di bonifica: prelievi di sabbia dalle piccole alture, sbancamenti per l'apertura di nuovi canali, riempimenti delle zone basse e lavori di colmata ecc. ecc. Talvolta i ripari sotto roccia, dove c'era la possibilità di riempimento, ci hanno conservato una stratigrafia più o meno integra. Riparo Salvini è stato manomesso in superficie da un'abitazione di pastori "moderni" e da terrazzamenti per la messa in opera di un piccolo vigneto, ai piedi della grande falesia di Monte Sant'Angelo.

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Il riempimento di Riparo Blanc, al Circeo, grazie alla sua posizione isolata e "molto scomoda" è rimasto abbastanza integro. Il sito testimonia - con il suo strato di gusci di conchiglie alto parecchie decine di cm. ed i manufatti litici atti al distacco e all'estrazione dei molluschi - un periodo di crisi alimentare in cui l'uomo fu costretto ad integrare, intorno ai 10 / 8 mila anni fa, le carenze proteiche con la raccolta e l'assiduo consumo di molluschi.

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Senza la crisi mesolitica sarebbe forse mancato all'uomo lo stimolo che lo indusse ad affrancarsi dalla dipendenza venatoria e a sperimentare nuove fonti di cibo provenienti dal mare, dagli stagni, dalle graminacee, dall'allevamento e dalle prime forme di agricoltura. Una località come San Martino si prestò bene anche a questa evenienza, offrendo un habitat appetibile per la sua varietà (cfr. foto di inizio).

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L'uomo non abbandonerà mai completamente la caccia, questa pratica si avvarrà, anzi, della tecnologia basata sull'uso delle telearmi. La punta di freccia diventa così una traccia costante del passaggio del cacciatore preistorico. Peccato che le testimonianze offerte da questo manufatto siano esposte all'alea dovuta proprio alla sua riconoscibilità per cui diventa oggetto di raccolta indiscriminata, di collezione privata, e, in definitiva, di notizie cancellate e mai apprese.

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A partire dal neolitico l'ossidiana è ricercata per trarne manufatti taglienti in sostituzione della selce. Il materiale è un vetro vulcanico e spesso si rinviene lavorato in molte delle nostre stazioni preistoriche, a partire dallo strato neolitico. Le lamelle di ossidiana qui fotografate, insieme a frammenti di selce appartenenti allo stesso contesto, provengono dalle rive del Lago di Fondi.

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Il fatto che cave di ossidiana non esistano sul continente italiano, ma soltanto su alcune isole (Sardegna, Lipari, Pantelleria, Palmarola), implica che i manufatti rinvenuti nelle stazioni preistoriche presenti intorno a Terracina, sono stati realizzati da uomini in grado di attraversare bracci di mare anche abbastanza estesi. Nel nostro caso coloro che (6.000 / 3.000 anni fa) utilizzavano quel materiale vetroso erano in grado di andarsi a rifornire via mare a Palmarola.

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Nei dintorni, il sito in cui il materiale lavorato è stato rinvenuto in quantità significative, si trova su una penisoletta del Lago di Paola. Qui, ad una decina di metri dalla riva ed a meno di un metro d'acqua sono state raccolte centinaia di lame e frecce di varia tipologia, ricavate da materiale ossidianico. Tutto questo induce ad ipotizzare un vero e proprio laboratorio che produceva per il commercio: una vera e propria fabbrica di armi ante litteram.

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