Oggi, quando si parla di popolazioni, si sottintendono migliaia e,
talvolta, milioni di individui. In epoche preistoriche ci si
riferisce a poche unità, o a poche decine di individui e, per di
più, molto mobili sul territorio.
'E per questo che , se si vuole avere una successione degli
uomini e delle culture che interessarono il nostro territorio,
bisogna superare i confini amministrativi attuali ed usare
l'espressione "nostro territorio" in senso lato
comprendendovi almeno tutto il tratto di costa che si affaccia tra i
due promontori di Gaeta e del Circeo. Solo in questo modo siamo in
grado di assumere abbastanza dati e stabilire una soddisfacente
successione cronologica delle culture che hanno qui lasciato tracce
consistenti in epoche precedenti le fasi storiche:
Pontiniana,
Aurignaziana,
Gravettiana,
Mesolitica,
Neolitica,
Eneolitica.
Nel nostro territorio costiero la presenza dei primi abitatori,
allo stato attuale delle conoscenze, non può essere fatta risalire
ad epoca molto più antica di 50.000 anni fa. Questa è la datazione
attribuita al cranio dell'uomo di Neanderthal, rinvenuto casualmente
nel 1939 nella Grotta Guattari, al Circeo, durante lavori di cava.
F. 1
Una prima ipotesi del Prof. Alberto Carlo Blanc attribuì la
giacitura del cranio, per il foramen magnum allargato e per
la collocazione all'interno di un cerchio di pietre, ad un atto di
cannibalismo rituale. Recenti studi, soprattutto di scuola
statunitense, attribuiscono l'allargamento del foro occipitale
all'opera di iene e la presenza del cerchio di pietre, per altro non
ben definito, ad una forzatura dell'immaginazione di chi interpretò
la giacitura come primaria. Su questa gravano infatti dubbi per le
testimonianze discordanti dei primi casuali ed inesperti scopritori.
F. 2
Resta in ogni caso certo il dato di fatto che il cranio del
Circeo è di tipo neanderthaliano e che almeno altri quattro
frammenti appartenenti ad individui diversi, ma dello stesso tipo,
sono stati rinvenuti al Circeo. Inoltre, strumenti litici
appartenenti alla tecnologia dell'uomo di Neanderthal si trovano un
po' dappertutto nella nostra zona: segni sporadici della
frequentazione di quei cacciatori. L'industria pontiniana -
il termine fu introdotto da A. C. Blanc - non indica altro che la
tecnica di lavorazione della pietra applicata dall'uomo di Neanderthal ai
ciottoli di selce presenti nella Pianura Pontina.
F. 3
Probabilmente a questa cultura appartenevano anche i reperti
litici provenienti dalla Grotta della Catena e dispersi in qualche
deposito romano. I manufatti rinvenuti nella cavità terracinese
furono inviati a Roma presso l'Accademia dei Lincei e, quindi,
dispersi. La grotta anche è oggi scomparsa, demolita nel 1976 per
cavarne pietra: era ubicata all'inizio della salita di Via San
Francesco Nuovo.
F. 4
Il vuoto lasciato dai Neanderthaliani cominciò ad essere
riempito dai portatori di una nuova cultura: l' Aurignaziana. La
sua presenza copre un arco temporale che va dai 30.000 ai 18.000
anni fa. Si continuano ad usare ciottoli di selce, ma compaiono
oggetti di osso, si lavorano legno e pelli con strumenti sempre più
raffinati.
F. 5
La stazione di superficie, in località Chiancarelle, occupa un
terrazzo sul Lago di Fondi. La cultura aurignaziana costituisce la
presenza più rappresentativa di questo sito archeologico.
Evidentemente la località, ricchissima di biomassa animale,
costituiva un forte richiamo per quei cacciatori. La ricostruzione
di fantasia del pittore fiorentino Carlo Ranzi rappresenta una scena
di caccia sulle rive del lago.
F. 6
Il terrazzo lacustre, interessato ora da coltivazioni agricole,
è caratterizzato da terreni rossi pleistocenici. I manufatti non si
trovano naturalmente in giacitura primaria, ma sempre rimescolati e
confusi con altri strumenti di tecnologia e culture più moderne.
F. 7
Se il giacimento di superficie di Chiancarelle non consente una
lettura stratigrafica dei reperti, tuttavia il confronto tipologico
trova un convincente riscontro nel livello n.21 di cultura
aurignaziana, all'interno della Grotta del Fossellone al Circeo.
F. 8
Tra queste due siti: la stazione all'aperto di Chiancarelle e
quella in grotta al Circeo, si continuano a reperire, in località,
intermedie tracce, ormai non più tanto sporadiche, di cultura
aurignaziana. Questo si è manifestato sia fuori stratificazione
come a San Martino, sia in strato come nel Riparo Salvini a
Terracina. In quest'ultimo sito, comunque, la facies culturale
prevalente è quella epigravettiana.
F. 9
Il pittore paleontologo fiorentino, Carlo Ranzi, ricostruisce qui
l'habitat del sito preistorico di Villa Salvini, mettendone in
rilievo la funzione strategica. Essa fu postazione privilegiata per
la sua funzione di controllo del corridoio costiero che metteva in
comunicazione la Piana di Fondi e la Pianura Pontina; di qui doveva
passare la fauna in migrazione.
F. 10
La datazione assoluta effettuata su di una porzione di breccia
fossilifera fa risalire la sezione presa in esame a circa 12.400
anni fa. I frammenti ossei - numerosi sono i denti - rivelano la
presenza di cavallo selvaggio, bue primigenio, asinello delle
steppe, cervo, cinghiale… Molte ossa presentano tracce di
scarnificazione, sono state esposte all'azione del fuoco e
fratturate per succhiarne il midollo. L'assenza di ossa lunghe, della
parte superiore dell'arto, ha fatto interpretare la stazione come un
sito deputato alla macellazione ed all'asporto dei quarti anteriori
e posteriori per rifornire il campo base.
F.11
La tipologia dell'industria litica, tendente al microlitismo, ha
anche suggerito l'ipotesi che in questo luogo venissero confezionate
le frecce, gli arpioni e le punte di zagaglia d'osso e di legno
indurito al fuoco e poi armate con piccoli strumenti geometrici di
selce lavorata.
F.12
Si è tentato perfino di calcolare, su basi di comparazione
antropologica, il numero dei componenti il nucleo di umani che
utilizzavano il Riparo Salvini come postazione di caccia. 'E stato
suggerito un numero variabile tra le due e le tre decine di
individui. Dobbiamo, infine, riconoscere una certa ricerca
dell'eleganza e dell'ornamento da parte di quei cacciatori. Questo
sembrano testimoniare i pendagli ricavati da ossa del piede dei
cinghiali, dai denti atrofici di cervo e da piccoli ciottoli di
steatite.
F.13
Molto diversa, si tratta infatti di stazione all'aperto, è la
situazione del sito di San Martino. La collina di terra rossa
pleistocenica, all'altezza di Punta Leano, è stata completamente
sconvolta dai lavori agricoli, ma ancor più dalla costruzione di un
campo sportivo e dal consistente sbancamento di sabbie, spesso
"reintegrate" da discariche di materiale inerte.
F. 14
La foto mostra un campionario dello scarso materiale che sono
riuscito a sottrarre alla dispersione. Da sinistra a destra e
dall'alto in basso sono presenti: Una punta neanderthaliana,
grattatoi aurignaziani, un raschiatoio su lama di tipo gravettiano,
punte di freccia neolitiche, lamelle di ossidiana e pesi da telaio
di epoca protostorica e storica. Come si vede la località
testimonia una continuità cronologica di frequentazione che copre
un'arco di 40 / 50 millenni fino ad arrivare alle soglie della
storia.
F. 15
|
|
Clicca sulle foto per ingrandirle |