La decadenza dell'Impero Romano non fu tanto improvvisa da potersi
ricondurre ad una data precisa e, tuttavia, tradizionalmente, si
assume il 476 d. C., anno dell'invio a Costantinopoli delle insegne
imperiali da parte dell'imbelle, ultimo Imperatore Romano
d'Occidente, Romolo Augustolo. Egli, con questo atto simbolico,
poneva se stesso e le terre d'occidente sotto la protezione di
Bisanzio e Terracina faceva appunto parte di quelle terre.
F. 1
Già nel IV secolo le provincie orientali erano indipendenti
da Roma. Il ridotto traffico dall'oriente verso l'Urbe aveva tolto
importanza anche al porto di Terracina. La monocoltura della vite,
diretta soprattutto alla produzione del prezioso vino
"Cecubo", in tempi in cui nemmeno i patrizi ormai potevano
più permetterselo, affrettò la decadenza economica di Terracina,
incapace di riconvertire i suoi impianti colturali. La foto mostra
un antico terrazzamento nella Valle, oggi, come allora, coltivato a
vite con sistemi vecchi di secoli.
F. 2
Nel 410 i Visigoti saccheggiano Roma e fanno crollare il mito
della sua eternità.
Nel 455 i Vandali di Genserico ripetono l'impresa.
Tutti e due gli avvenimenti interessarono, almeno di riflesso,
Terracina. A proposito del secondo evento, alcuni storici fanno
risalire a quell'epoca le tracce dell'incendio che lesionò, annerì
e calcinò i marmi che rivestivano il Tempio Maggiore, tracce ancora
visibili nel lato posteriore di quella che era già diventata la
cattedrale.
F. 3
Teodorico (454 - 526), re degli ostrogoti, in una delle sue
"discese" sembra che abbia posto il campo militare su
Monte Sant'Angelo. Arduo è però dimostrare che la base della
torre, che si trova al centro del terrazzo superiore, risalga a
quella occasione. Traccia ben più consistente dell'interesse di
quell'imperatore per il nostro territorio costituisce, invece, la
doppia iscrizione, conservata nell'androne del Casale di Mesa.
Secondo questa epigrafe si concedono al Patrizio Decio i terreni da
Tor 3 Ponti a Terracina per averli sottratti alla palude che li
aveva nuovamente allagati.
F. 4
Dal 568, iniziano le invasioni longobarde, carestie e pestilenze,
quindi, contribuiscono ad un drastico calo della popolazione: da 15
milioni del periodo imperiale, sul territorio italiano, si arrivò a
contare a stento 2 milioni di anime e Terracina ne contava poche
centinaia. Scarse le tracce lasciate dai Longobardi nella nostra
città: forse distrussero più di quanto costruirono. Qualche
contestato influsso stilistico, risalente ai secoli VII ed VIII,
può essere riconosciuto in qualche colonnina "a
stampella", in qualche motivo decorativo "a treccia",
in un paio di lastre di pluteo, come quella della foto, proveniente
forse dalla chiesa di Santa Maria in Posterulis che la tradizione
vuole fondata dalla regina Gundeberga con la primitiva dedica a San
Giovanni Battista, alla metà del VII secolo.
F. 5
Ancora all'inizio del 1700 una gentile consuetudine ricordava
un episodio di storia longobarda, risalente ad oltre mille anni
prima, ed ormai rivissuta come leggenda:
Il
giorno di San Giovanni Battista le ragazze di Terracina, vestite
di bianco e con una corona di iperico in
testa giravano per la città
chiedendo doni con la formula:
"Donate alla corona". La festa
ricordava la regina dei Longobardi,
Gundeberga che fu accusata
ingiustamente di adulterio e sottoposta
a Giudizio di Dio (ortalia).
Il suo campione, Carello, risultò
vincitore e lei fu reintegrata nella
sua regale dignità. La regina, come
ringraziamento, fece erigere in
onore di San Giovanni Battista una
chiesa ("in terra ticinensis", cioè
in Pavia, e non "terracinensis",
come qualche storico interpretò).
Questa simpatica consuetudine, a lungo
sopravvissuta nella nostra
città, malgrado la dubbia autenticità
storica, testimonia pur sempre la
sopravvivenza di un mito tra la
popolazione.
Se l'usanza riferita ai Longobardi ha il sapore di una
favola, la testimonianza dell'influenza bizantina sulla città di
Terracina, invece, è ancora leggibile in lettere greche sulla
colonna che sostiene da sinistra l'arco d'ingresso al pronao della
Cattedrale:
ΟΡΘΟΔΟΞΟΙΣ
ΚΑΙ ΝΙΚΗΤΑΙΣ
ΒΑΣΙΛΕΥΣΙ
ΠΟΛΛΑ ΤΑ ΕΤΗ
Lunga vita agli imperatori ortodossi vincitori
Subito sotto questa epigrafe in greco ce n'è un'altra in latino:
MUNDIFICATUS EST FORUS ISTE TEMPORE DOMINI GEORGII
CONSUL ET DUX
Questa piazza fu ripulita al tempo del Signore
Giorgio, Console e Duca
Nel datare la prima iscrizione si può porre l'attenzione (così
fa il Bianchini) sul fatto che l'augurio di lunga vita è rivolto
"agli imperatori", al plurale. Il periodo in
cui a Bisanzio ci furono due imperatori contemporaneamente va dal
610 al 641, fu allora che Eraclio si associò al regno il figlio
Costantino; se invece si ipotizza che la dedica fu scritta in
occasione del passaggio per Terracina di un imperatore bizantino, la
data più attendibile diventa il 663: in quell'anno Costante II si
recò a Roma per un malriuscito tentativo di conciliazione con il
papa Vitaliano. Meno contestata è la datazione della scritta in
latino: a Napoli, tra il 730 ed il 740 c'era un duca di nome
Giorgio.
F. 6
Terracina subì nei secoli influenze culturali le più diverse.
Un altro esempio ci è offerto da un raro reperto risalente al pieno
medioevo e che va sotto il nome di "Cassa di Terracina".
Il prezioso mobile in legno di cedro (cm. 106 x 59 x 60) fu
riconosciuto nella sagrestia della Cattedrale di Terracina nel 1889
e venduto al Ministero della Pubblica Istruzione nel 1909. Lo
scrigno è oggi esposto nel Museo di Piazza Venezia in Roma.
Dopo il restauro conservativo, terminato nel 1987, il raro
reperto fu esposto temporaneamente a Terracina, tra il 15 luglio ed
il 15 settembre dello stesso anno. A parte il valore artistico, il
reperto testimonia, una volta di più, la funzione che, spesso nei
secoli, ebbe la città: terra di frontiera, ma, ancor più, punto di
incontro tra più culture. In questo mobile furono riconosciuti
influssi nordeuropei, bizantini, arabi e…. perfino,
centro-asiatici e copti.
F. 7
Tutte le analisi stilistiche riconducono , concretamente, ad un
ambiente culturale campano, nel momento in cui, tra il X e XII
secolo, gli stereotipi bizantini vengono vivificati dal dinamismo
espressivo proprio del romanico locale, aperto, tuttavia, agli
influssi arabi e nordeuropei.
L'iconografia simboleggia la lotta tra il bene ed il male (
aquila - serpente, cavaliere - centauro, uomo - fiera) oltre alla
sequenza: peccato - punizione (cacciata di Adamo ed Eva dal
paradiso). La destinazione d'uso del mobile probabilmente non fu ne'
quella di cassa nuziale ne' quella di reliquiario, ma
contenitore di arredi sacri e documenti di valore. Questo sembra
confermare la presenza di tre serrature e, quindi, di altrettante
chiavi affidate a tre diversi custodi.
F. 8
|
|
Clicca sulle foto per ingrandirle
Foto
1
|