Quando si parla di Via Appia, a Terracina si rischiano equivoci ed
incomprensioni, di Vie Appie, infatti, a Terracina ce ne sono
… almeno tre! Se consideriamo solo le più importanti varianti e
modifiche.
Trascuriamo per il momento Via Roma, in gran parte coincidente
con l’ultimo tracciato voluto da Pio VI o, meglio, dal suo
architetto Valadier, quando progettò l’impianto del Borgo Pio, o
Centro Storico Basso, alla fine del ‘700.
Posti questi limiti, i tracciati antichi dell’Appia, in
sostanza, si riducono a due: quello di Appio Claudio e quello di
Traiano.
F. 1
A. Il percorso di Appio Claudio Ceco (312 a.C.):
- Saliva ed attraversava la città alta, piegava verso nord, all’altezza
del colle di San Francesco, per dirigersi verso l’attuale
cimitero.
- Superata la sella che si trova a 154 metri di quota, il
tracciato curvava in direzione di Piazza Palatina e cominciava a discendere verso la Piana di Fondi,
fino a congiungersi con il successivo percorso traianeo in prossimità dell’odierno km
108 dell’Appia attuale.
B. La variante voluta da Traiano (112 d.C.) intendeva evitare
l’attraversamento
della città alta e la poco agevole salita, ma la scelta del percorso a valle comportava
il taglio della rupe del Pisco Montano.
- Il nuovo tracciato si separava dall’antico, in prossimità
dell’attuale Piazza 4 Lampioni ed aggirava la città dal basso, tenendosi qualche decina di
metri più a monte dell’attuale Via Roma.
- La strada lambiva quindi il mare all’altezza del Pisco
Montano fino a ricongiungersi al tracciato più antico all’altezza
del km 108 dell’Appia attuale.
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- Nell’attraversamento della Palude Pontina, l’Appia, anche
in tutti i suoi restauri, ricalcò il primitivo percorso rettilineo di 36 km, corrispondenti a 19
miglia romane : il Decennovium, da Tor Tre Ponti a Punta
Leano. La località mediana su questo rettifilo era ed è
rappresentata da Mesa: l’antica mutatio, per il
cambio dei cavalli. Anche l’attuale casale fu utilizzato fino al
primo quarto del secolo scorso come stazione di posta sull’Appia
nuovamente riaperta al traffico da Pio VI nel 1784.
F. 2
- L’attuale numerazione chilometrica segna la cifra 85, in
realtà siamo al miglio LI (51° da Roma). I resti di un grande mausoleo testimoniano la
riconoscenza dello schiavo Clesippo per la sua impudica patrona,
Gegania, che lo aveva voluto erede unico delle sue immense
ricchezze. (Plinio: N. H. 34, 3, 11)
F. 3
- Due colonne indicatrici delle miliare XLVIII e XLVIIII sono
state recuperate e poste ad ornamento dell’ingresso all’androne di Mesa. Ambedue
ricordano uno dei tanti restauri della Regina Viarum:
quello voluto dall’Imperatore Traiano. Il cippo di destra reca
anche la cifra VI in alto, ad indicare la corrispondenza del 6°
miglio del Decennovium con il 49° miglio da Roma.
F. 4
- Il Ponte Maggiore (qui da un’antica stampa
ridisegnata a china da Elisabeth Selvaggi) fu minato e fatto saltare dai Tedeschi in ritirata durante la
Seconda Guerra Mondiale. Il ponte romano coincideva con il moderno
che scavalca il fiume Amaseno all’attuale km 94,400.
F. 5
- Al termine del rettifilo, per chi viene da Roma, all’altezza
dell’attuale chilometro 96,100, l’antica strada deviava verso Punta Leano, passando su Ponte
Alto. Anche questo ponte fu distrutto durante l’ultima guerra
dai tedeschi (l’immagine è tratta da una stampa del 1700).
F. 6
- Fu invece risparmiato il vicino, ma più piccolo, Ponte su
Fosso Granci. Si noti che l’esatta denominazione locale è: Fosso dei granci o, dei
ranci, corrispondente all’italiano: granchi. Il nome
locale era, fino a qualche anno fa, pienamente giustificata dalla
numerosa presenza dei granchi di fiume lungo l’argine del
fossato.
F. 7
- Feronia. Alle pendici estreme del Monte Leano, numerose
sorgenti pedemontane sono tributarie dell’antica palude ed obbligarono i costruttori
dell’Appia a terrazzare a valle la strada con i soliti grandi
blocchi di calcare. Qui sorgeva un tempio ed un bosco sacro alla
dea Feronia. Lo riferisce Virgilio nell’Eneide ed Orazio nella V
Satira. Il grammatico Servio riporta che all’interno del tempio
avveniva l’affrancazione degli schiavi benemeriti.
F. 8
- Era consuetudine presso i Romani porre le tombe lungo i tratti
extraurbani delle strade principali. Terracina romana non sfugge all’uso e, lungo l’Appia
si incontrano numerosi resti di tombe. Ne sono state riconosciute
47 nel tratto superiore, compreso tra Piazza Palatina e la città,
22 nella parte bassa a cominciare da questa prima, di tipo
circolare, che si trova all’ingresso della Valle. (cfr. A.R.
Mari, ’88).
F. 9
- Le due tombe più grandi giustificano il nome dato alla
contrada: I Monumenti. Questa prima, del tipo a podio, alta otto metri e mezzo,
conserva il solo nucleo privo del rivestimento. La camera
sepolcrale si trova nella parte posteriore, rispetto alla Via
Appia.
F. 10
- Quasi altrettanto alta della precedente e dello stesso tipo a
podio, la tomba era rivestita in basso di opera quadrata ed in alto di ancora visibile opera
quasi reticolata. Soprattutto questa seconda tecnica induce a
datare la costruzione alla prima metà del I sec. A. C. Il de la
Blanchère ed il Capponi sembrano propensi ad attribuire questo ed
il precedente monumento alla famiglia AEMILIA.
F. 11
- Per secoli le tombe romane furono sottoposte a spoliazioni di
tutto il materiale nobile e, comunque, recuperabile. Nei casi più fortunati qualche tomba
fu riciclata in rustica edicola sacra o, come si vede in questa
foto, in romantico fontanile con annesso abbeveratoio al posto del
sarcofago antico.
F. 12
- Ancora all’inizio di questo secolo, gran parte del basolato
e la stessa crepidine (antico marciapiede) apparivano largamente praticabili. Il disegno a
china di Elisabeth Selvaggi riproduce fedelmente una vecchia foto
Alinari
F. 13
- Lo stato attuale del basolato, qui fatto restaurare da Traiano,
è in qualche punto ancora ben conservato, paradossalmente grazie all’asfalto che lo
ricopre. Quando i nostri concittadini saranno culturalmente
motivati potranno portare alla luce qualche tratto di strada come
quello che appare nella foto, fortuitamente scoperto e subito
asfaltato.
F. 14
- Alcuni sepolcri , come quello a dado è interrato, o
nascosto dalla vegetazione o inaccessibile perché in terreni recintati. Essi meritano di essere messi in
luce ed adeguatamente valorizzati.
F. 15
- Poco prima di arrivare alla stazione ferroviaria odierna, l’Appia
Antica presentava sulla destra una zona destinata a ville rustiche ed impianti
agricoli, a far data dal I sec. d.C. zona questa, in età
paleocristiana, destinata a sepolcreto. Tutta l’area, in assenza
di studi e rilievi approfonditi, è interessata ad intensa
attività di edilizia popolare.
F. 16
- Quando inizia la salita verso la città, sulla sinistra,
presso l’ingresso alla chiesa della Madonna delle Grazie, si trova un grande sepolcro circolare (h.
m. 8,50 circonf. m.22,80). Molti rifacimenti successivi e
cambiamenti di destinazione d’uso ne rendono problematica la
lettura., ma, al tempo stesso, ne testimoniano la continuità d’impiego
in epoca medioevale e moderna.
F. 17
- A sinistra di Porta San Gregorio, meglio conosciuta con
il nome di Porta Romana, una grande torre quadrangolare del I sec. a. C. era posta a difesa
dell’Appia. L’arco e la sopraelevazione sono di epoca
settecentesca e successiva. Sebbene rimaneggiata nei secoli è ben
riconoscibile l’opera quadrata alla base e l’opera incerta in
alto. I piani finestrati non hanno del tutto cancellato le arcate
a giorno che una volta ospitavano le macchine belliche da difesa.
F. 18
- L’Appia, nel tratto urbano presenta problemi di
individuazione, anche per le complesse vicende urbanistiche del centro storico medioevale, su cui
ritorneremo nella sede opportuna. Intanto si noti, come, anche
nell’attraversamento del Foro Emiliano, l’Appia: sia
pavimentata con lastroni chiari di calcare locale e come la
disposizione a spina di pesce dei basoli fa si’ che le
ruote dei carri, anche se capitano nel solco tra due lastre,
incontrano subito dopo il bordo pieno della lastra successiva e
non un nuovo solco.
F. 19
- La strada, superata l’acropoli, arrivava a quota 73 metri
del colle di San Francesco e puntava a nord, dopo 300 metri usciva dalla Porta Nord. Di questa porta
restano solo alcuni blocchi posti a base dell’arco, nel punto in
cui il muro, posto a difesa della città, passava dalla sinistra
alla destra di chi andava a Fondi.
F. 20
- Appena fuori dal tratto urbano, anche nella parte superiore,
molti sepolcri di varia tipologia costeggiavano la strada. Uno dei meglio conservati si trova
sulla sinistra: è costruito quasi interamente in opera
incerta, la parte superiore, a podio, è inquadrata da
due semicolonne in laterizio, una volta coperte da stucco.
F. 21
- Le due pratiche di culto per la sepoltura, in territorio
terracinese, in epoca romana, erano l’inumazione e la cremazione. La prima prevale sulla seconda.
La foto ritrae qui un sepolcro a colombario, Ancora
cinquanta anni fa, le olle murate nelle nicchie conservavano le
ossa annerite dal fuoco del rogo.
F. 22
- Quasi tutti i sepolcri nei secoli sono stati sottoposti a
spoliazione, le epigrafi recuperate, spesso in modo fortuito o fuori contesto, rendono problematica
l’attribuzione delle tombe alle antiche famiglie. Questa
epigrafe, una delle poche rimaste in situ, cita più volte la
famiglia FURIA (C. I. L. n. 8269).
F. 23
- Il basolato a Piazza Palatina è ancora integro, a tratti,
malgrado l’aggressione edilizia verificatosi nella zona sotto lo sguardo volutamente miope di
politici a caccia dei voti di sempre più numerosi concittadini
abusivi e ricattabili.
F. 24
- La foto induce ad apprezzare la funzione strategica di
Terracina. Il più antico percorso dell’Appia attraversava la sella tra Monte Croce, da cui è
stata ripresa la foto, e Monte Sant’Angelo, in secondo piano. I
piccolo agglomerato di case a mezza costa, sulla sinistra, indica
Piazza Palatina in posizione dominante l’Appia di Traiano,
ricalcata da quella attuale.
F. 25
- Il disegno a china di Elisabeth Selvaggi, riproduce una stampa
del Labruzzi del 1800. Così appariva allora Piazza Palatina a chi saliva da Fondi, prima
dello slargo in curva, destinato ad una breve sosta per i cavalli
affaticati.
F. 26
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