Pellegrini verso il Tempio di Giove

Aspetto naturale in fase storica

 

 

La fascia mediterranea in cui è situato Monte Sant’Angelo è caratterizzata da clima temperato caldo (t.m.a. 14° / 20° C.), con inverni miti e piovosi (t.m. del mese più freddo 4° / 7°) e 700 / 900 mm. di pioggia annui.

L’aspetto attuale della biocenosi di Monte Sant’Angelo non è solo frutto della evoluzione determinata da fattori naturali, ma esso è stato fortemente condizionato dalla pressione antropica esercitata nei millenni dalla città contigua.

Basta pensare che, fin dalle sue origini storiche, la posizione dell’abitato (Tarracina - Anxur - Terracina) ha fatto sì che le pendici di Monte Sant’Angelo diventassero il luogo più comodo per attingere legna sì da renderle quasi del tutto spoglie (f. 5)

La situazione di Monte Sant’Angelo, dal punto di vista vegetazionale, è perciò il risultato anche del tipo di rapporto che gli abitanti hanno avuto con il territorio attraverso i secoli, sarebbe perciò anacronistico ed antistorico non considerare, accettandolo, l’elemento culturale umano. Ancor più perché nell’area di Monte Sant’Angelo le valenze archeologiche e storiche sono testimoniate dalla situazione vegetazionale presente. E’ opportuno, perciò considerare anche quest’ultimo aspetto, per evidenziare una corretta chiave di lettura in cui le presenze botaniche si integrano ai resti archeologici, prepotentemente integrati anche da una lettura mitologica e paesaggistica (f.6).

Molte sono le "piante classiche" presenti, le cui frequenti citazioni nella mitologia e nella letteratura classica costituiscono un richiamo costante ed un rimando dotto alla presenza dei resti archeologici e viceversa. Eccone alcuni esempi:

- L’asfodelo (Asphodelus ramosus), molto frequente nei luoghi più aridi, è pianta che gli antichi ritenevano popolasse la pianura dello Stige. La presenza del fiore presso le tombe suburbane ne aveva suggerito l’associazione all’oltretomba (f.7).

-Anche l’elicriso (Helichrysum italicum), il fiore dal corimbo tutto d’oro rallegrava i Campi Elisi, dove si radunavano i beati. Il fiore surrogava, per quanto possibile, i raggi del sole perpetuamente rimpianti negli inferi descritti da Omero e da Virgilio (f.8).

- Il mirto (Myrtus communis) era la pianta sacra a Venere, impiegata per adornare are e rustici archi trionfali, inoltre, con i suoi fiori virginali si intessevano le corone che circondavano la fronte alle novelle spose (f. 9).

- La ferula di Giove (Ferula communis) è l’alta ombrellifera nel cui fusto Prometeo nascose il fuoco rapito agli dei. Il giallo dorato dei suoi fiori ravviva il declivio del monte, da luglio a settembre. Inoltre, il venefico gambo essiccato, svuotato e poi sigillato, serviva a preservare dai topi e dalla umidità le pergamene più preziose (f.10).

- Il lentisco (Pistacia lentiscus), ma anche il teribinto (Pistacia theribintus), in autunno, offriva le bacche da cui si spremeva l’olio con cui si riempivano le lucerne. Esso bruciava con fiamma chiara e con gradevole profumo.(f.11).

- La centaurea cineraria (Centaurea cineraria) curò le ferite procurate da Ercole al centauro Chirone, maestro di Achille. La pianta adorna con le sue foglie grigio-cenere ed i fiori rosa le arcate sostruttive del tempio di Giove (f. 12).

- L’euforbia arborea (Euphorbia dendroides) è una delle leggendarie essenze impiegate da Circe per i suoi filtri. Essa anticipa l’autunno alla fine della primavera e colora di rosso le pendici del monte: dalla Rimembranza a Villa Salvini (f.13).

Ed ancora: l’anemone ortensis, la scilla marittima, il cappero e la ruta, l’anagiride ed il senecio, la coronilla e l’erica multiflora, piante tutte che con il loro fascino antico poco ci fanno rimpiangere l’ombra selvosa dell’ambiente primigenio.

E non citiamo qui le numerose specie di orchidee selvatiche che a primavera spuntano perfino dalle pietraie.

I percorsi di avvicinamento alle emergenze archeologiche, soprattutto quelli da percorrere a piedi, non solo ristabiliscono una corretta chiave di lettura paesaggistica e storica, ma possono riservare al botanico ed al naturalista piacevoli sorprese oltre ad offrirgli una integrazione culturale niente affatto forzata.

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