Allo stato attuale il Comune di Terracina copre, amministrativamente,
una superficie che non
arriva ai 14.000 ettari.
Calcolando che alla nostra latitudine la quantità di pioggia caduta
in media ogni anno si aggira intorno ai 700 / 900 mm. per metro
quadro risulterebbero 100 - 120 milioni di metri cubi di acqua
disponibile sul territorio. A questa andrebbe naturalmente sottratta
quella evaporata, quella dispersa in mare dalla rete idrica
superficiale e quella che raggiungendo le falde idriche profonde
resterebbe comunque disponibile per un futuro utilizzo.
Invece il bacino di raccolta è almeno tre volte più ampio di
quello amministrativo e la circolazione delle acque sotterranee ci
favorisce recandoci apporti idrici caduti al di fuori del nostro
territorio. (F.
1)
Questo se da una parte spiega la presenza dell’ex palude, con
tutti i problemi che essa ha comportato nel passato, dall’altra
potrebbe, o meglio avrebbe potuto costituire una riserva di
ricchezza capace di garantirci la risorsa acqua
per secoli a venire.
Purtroppo lo spreco ed il disprezzo per ciò che abbonda ha fatto si
che:
Ø
Le acque
superficiali di fiumi e canali sono state a tal punto inquinate che
risultano inutilizzabili perfino per l’agricoltura.
Ø
Le acque delle falde
idriche profonde vengono emunte senza nessuna regola e controllo,
tanto che in alcuni punti del territorio si verificano già
pericolosi fenomeni di subsidenza ed infiltrazioni di acque
marine per i processi di osmosi.
Ø
Le
sorgenti pedemontane, ignorate o sottovalutate dalle
Amministrazioni passate e presenti, stanno, una dopo l’altra,
diventando indisponibili per i futuri bisogni.
Ø
Sono ormai diventate
completamente o parzialmente indisponibili:
-
Fontana Vecchia,
il cui invaso è stato sepolto sotto un cumulo
di calcinacci dopo la guerra
ed al suo posto fu impiantato un
distributore di benzina. Ora
non c’è più ne’ l’uno, ne’ l’altra.
-
L’Acqua
Magnesia, in abbandono per
la pericolosa vicinanza del depuratore
delle acque reflue e per
parziale privatizzazione.
- Fonte
di Ponticelli per il passaggio della Frosinone – Mare.
-
La
Fonte del Fico per
il passaggio della stessa strada.
-
La Fonte
dell’Acqua Santa per
il raccordo della nuova Flacca.
Si provi ad individuare sulla carta geologica le fonti presenti sul
territorio (F.
2)
(Si tenga presente che La Fonte del Fico e quella di Ponticelli sono
fuori carta).
Fonti naturali e
cisterne. L’utilizzo delle acque potabili da parte dei cittadini di Anxur –
Terracina è storia antica: Fontana Vecchia fu senz’altro la prima
grande risorsa naturale, vennero poi le cisterne nel territorio
urbano e nei dintorni della città: Il Lugli nel 1926 ne rilevò 25
di cui una immensa, presso il Camposanto Vecchio, che potrebbe
contenere milioni di metri cubi di acqua: tre locali di m. 48 x 5 x
7, ciascuno.
La Fonte di Feronia fu
la prima utilizzata per un acquedotto, già nel II sec. a. C., in
Epoca Repubblicana.
Sembrano provarlo i resti dell’antico speco. (F.
3)
D’altra parte ancor oggi acqua abbondante, ma in gran parte
inutilizzata, sgorga presso l’antico tempio della dea. Le acque che
alimentarono fino a qualche anno fa un mulino si disperdono ora nel
fiumicello di Mezzovino, e nel Linea. (F.
4)
L’Acquedotto
romano di San Lorenzo. San
Lorenzo era il nome del paese che, dal Maggio1872, si chiama Amaseno.
Amaseno, proprio come il nobile fiume di virgiliana memoria, presso
le cui sorgenti è sito il piccolo centro urbano. Il fiume
raccoglie le acque di una decina di sorgenti (F. 5) ed
alcune di queste attirarono l’attenzione degli idraulici romani
per fornire acqua a Terracina nel II sec. d. C.
L’Amaseno all’altezza di Ponte Maggiore (F. 6) fu deviato
nel Portatore.
46
Km. Di percorso. Le
sorgenti da cui l’acquedotto si riforniva sono a circa 100 metri
s. l. m., il punto di arrivo, ai piedi del Castello Frangipane, a
poco meno di 50 metri di quota. La pendenza disponibile sarebbe
stata quindi ci circa un metro per chilometro, non dissimile da
quella di molti altri lavori similari dell’epoca.
Nel 1884 La Blanchère ne rilevò il percorso approssimativo. (F.
7)
Era
in grado di funzionare? A
questa domanda il La Blanchère risponde no, a causa di errori
tecnici che avrebbe rilevato in alcuni punti. Però, un velo
calcareo all’interno dei tratti di speco conservati e studi
recenti (A. D’Onofrio, L’acqua ed il territorio, Aracne
editrice, 1999) sembrerebbero proprio provare il contrario. Anzi,
quest’ultima ricercatrice ne calcola la portata in 21.000 metri
cubi pro die.
Certo le difficoltà furono notevoli, soprattutto per seguire le
curve di livello senza perdere quota. L’acquedotto segue pertanto
un percorso tortuoso, a volte fuori terra, a volte in galleria, a
volte in viadotto per scavalcare i fossati. La foto ritrae il Ponte
del Diavolo sul fosso
proveniente dalla Fiora
Alta. (F. 8)
Ancora
un phallum contro il malocchio di chi non voleva
credere alla durata dell’opera e al suo buon funzionamento! Il
simbolo apotropaico (cm. 70 x 25) è scolpito nel masso del
piedritto, sul versante meridionale. Siamo qui ormai a quota m. 60
circa, comunque in regola con il percorso che, dovendo aggirare a
mezzacosta la Valle di Terracina, durerà ancora una decina
di km. (F. 9)
Ponte
Colonna, qui in un
disegno di Pietro Pernarella (F.
10), si trova in fondo alla Valle. Si noti come la tecnica costruttiva
è coerente e coeva a quella del ponte precedente. Da questo punto
l’acquedotto passerà lungo il fianco di Monte Sterpano,
poi sopra la Delibera in direzione di San Domenico.
In galleria sotto il Castello, verso la
Rota.
Arrivato a S, Domenico, l’acquedotto doveva
superare il Fosso
di Porta Nuova,
con un ponte a cinque archi, di cui
restano poche tracce visibili in terreno privato,
poi il condotto si inoltrava
in galleria sotto il Castello, prima della Ruota.
***
Il disegno sopra riportato è una
rielaborazione didattica di un progetto di Angelo Sani che, nel
1789, ricevette l’incarico da Pio VI per ripristinare
l’acquedotto romano di San Lorenzo. I suoi studi e rilievi
interessarono l’origine e la fine della linea l’acqua, ma
restarono solo a livello di progetto.
L’Acquedotto di Santo Stefano. Santo
Stefano è un pianoro carsico che si trova a circa 5 km. in
linea d’area da Terracina, alle spalle di Monte Giusto. Ad una
altitudine di circa 500 metri vi sgorga una fonte che, da sempre,
costituì luogo di attrazione per le popolazioni montane.(
F. 11) (Consulta in questo stesso sito il capitolo. “Tre
antichi sentieri montani” in “I Percorsi”).
Fonte naturale adattata. L’opera
assidua e sapiente di generazioni ha cercato di migliorare la
captazione della vena naturale inseguendo con due cunicoli che di
addentrano nella montagna per decine di metri
lo stillicidio e la condensa dell’acqua. Il cunicolo
iniziale si dirama ad y nella montagna ed una serie di piccoli
sbarramenti consente il deposito di calcare di cui l’acqua è fin
troppo ricca. (F. 12) (F. 13).
Il
progetto del 1786, voluto dalla
Congregazione del Buon Governo, avrebbe dovuto portare acqua da
Santo Stefano a Terracina. Probabilmente non se ne fece nulla, alla
luce di una più attenta valutazione di costi – benefici e furono
tentate altre vie di approvvigionamento. (F.
14)
ACQUEDOTTI
MODERNI.
1)
L’acquedotto del Fico è il primo dei tempi moderni,
iniziato sotto PioVI, nel 1794. Costeggia l’Antica Appia, dal lato
sud - sulla sinistra osservando il disegno - ( F. 15)
Esso
fu completato solo nel 1808 (cfr.Lugli,1929) e realizzato con speco
in muratura alla maniera antica.Attingeva acqua alla Sorgente del
Fico e si arrestava all’altezza dell’odierna Piazza 4 Lampioni.
Restò in funzione fino al 1893.
La “mostra dell’acqua”
riportata dall’Apolloni, probabilmente rimase
solo allo stato di
progetto (datata 1815). L’epigrafe avrebbe dovuto
celebrare, oltre che Pio VII,
anche il Cardinale Saluzzo, Prefetto del Buon
Governo. La collocazione più
efficace, per motivi di propaganda, sarebbe
stata nel punto di arrivo
delle acque: ai piedi della città. (F. 16)
La Sorgente del Fico si trova a valle della ferrovia. A poco più di 500 m.
a nord della piccola stazione de La
Fiora. La quota da cui sgorga è sita a
circa dieci metri sul livello del
mare (più che sufficienti per dar pendenza
ad un acquedotto di circa 5 km).
Ingegneri miopi hanno costruito l’attuale
strada
Frosinone - Mare proprio sulla fonte e gli Amministratori locali …
nulla videro! (F. 17)
2)
Acquedotto del Frasso. Nel 1878 fu realizzato un secondo acquedotto
parallelo
al primo, ma che attingeva acqua due chilometri più lontano, in
direzione
del Frasso, alla sorgente di Ponticelli. Fino a
qualche anno fa
molto frequentata anche da
escursionisti (F. 18). Anche questa sorgente è
stata sconvolta dallo stesso miope
progetto della strada Frosinone - Mare.
3)
Secondo acquedotto del Frasso. Solo 15 anni più
tardi, nel 1893, fu necessario riprendere l’opera perché i tubi
in cotto non avevano resistito. Questa volta si sarebbero usati tubi
di ghisa ed un serbatoio, posto a 63 metri di quota sul Colle di San
Francesco, avrebbe fornito acqua corrente anche alla città alta. Il
serbatoio, ancor oggi in uso, altro non fu che
un’antica cisterna romana abbandonata da secoli. (F. 19)
4)
L’acquedotto attuale, sostanzialmente, è quello
del 1893: continua ad attingere acqua a Ponticelli, ma da pozzi
piezometrici per aumentarne la portata. Sono state realizzate nuove
stazioni di pompaggio e nuovi tratti della rete distributiva.
FONTI DA SALVARE
Le
sorgenti delle Mole
di Leano
non sono ancora compromesse. Le acque, seppure ricche di residui
terrosi, sono tuttavia potabili ed abbondanti. Oggi questa ricchezza
si disperde nel Linea, ma potrebbe in un futuro prossimo costituire
una preziosa risorsa per la città di Terracina. (F.
20)
La
sorgente di Feronia, in
attesa di un auspicabile recupero archeologico di tutta l’area, le acque cantate
da Orazio continuano a disperdersi. La loro qualità e la loro
abbondanza non hanno nulla da invidiare a quelle delle Mole di
Leano di cui costituiscono una diramazione. (F.
21)
Le Mole
di Barchi e L’Acquasanta. Anche
a levante di Terracina, sul confine dei
comuni di Fondi e Monte San Biagio, ci sono numerose sorgenti
ricche di acque. Varrone faceva risalire il nome Laetulae, che noi in genere
riferiamo a Piazza Palatina sita a mezza costa, alla presenza di
queste acque ed al verbo greco luomai (io mi lavo). La
sorgente più utilizzata è quella dell’Acquasanta (F.
22)
La Fiumetta
e la sorgente di Cannito. La
gelida acqua della Fiumetta si getta in mare a poca distanza
da Foce Cannito, dopo aver attraversato due campeggi. Meglio
conosciuta ed utilizzata dai pescatori è invece la fonte che sgorga
presso la foce quasi sotto il vecchio ponte girevole. (F.
23)
L’Acqua Magnesia. 50 metri,
fuori Porta Napoletana, sulla battigia, tra gli scogli. Forse anche
questa fonte, legata alla memoria dei nostri nonni, bisogna ormai
considerarla perduta, tra l’indifferenza dei politici e delle
nuove generazioni.
La fonte, nelle sere d’estate. era la meta
di passeggiate ed incontri
Era quasi un dovere farsi una bevuta e di
riempire d’acqua, che si diceva salutare, “ju cannatieje”,
tradizionale orcio di terracotta. (F. 24)
*** Nel testo si nomina la ruota, in terracinese, la
rota. Talvolta si
trova: la
ruota dell’acquedotto, ma anche: Vicolo della rota.
Si tratta in effetti del castello di distribuzione delle acque che si
trovava nel Vicolo
della Rota. A
Terracina era formato da un doppio tamburo concentrico in muratura.
Il cilindro interno aveva un diametro di due metri e mezzo quello
esterno era posto ad una distanza di un metro e l’acqua passava
dal primo al secondo prima di confluire nei condotti di
distribuzione.
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