Verso
l’inizio del percorso. In fondo alla
"Valle" di Terracina, molte strade conducono verso il
"Ponte di Ferro", ma, dopo questa località una sola
strada sale in direzione dei "Casaletti" e "Campo
Soriano". La strada provinciale è asfaltata ed agevolmente
percorribile anche da un pullman di media grandezza.
Arrivati al bivio che sale verso Santo Stefano, conviene trovare
uno slargo lungo la strada che va verso Campo Soriano, perché è da
lì che ritorneremo al termine del percorso circolare (ogni metro in
più fatto ora, per parcheggiare l’auto in direzione di Campo
Soriano, sarà al ritorno un metro in meno da percorrere a piedi
sull’asfalto).
Imboccate il bivio in direzione di Santo Stefano, dopo un paio di
centinaia di metri, si trova sulla sinistra una strada carrabile in
terra battuta, chiusa da una sbarra. La sbarra non impedisce l’accesso
a chi va a piedi: è qui che inizia il nostro percorso (f. 1).
La "casettòla" che scompare.
La strada in terra battuta sale lievemente, tenendosi a mezza costa,
sul versante Ovest del Monte dell’Acquasanta, un po’ più in
alto della "Comunità Incontro".(f. 2) All’inizio, la
strada carrabile attraversa la macchia alta (lecci, roverelle,
aceri, ornielli, biancospini), poi si incontrano terreni coltivati a
vite e ad olivi.
Fare attenzione che, dopo un quarto d’ora di marcia, la strada
arriva ad un bivio: continuando diritto, in direzione Nord, si va a
finire in un oliveto privato. Bisogna invece seguire il tracciato
della strada in salita che effettua un tornante in direzione NE.
Subito dopo si potrà riprendere la direzione Nord su un vero e
proprio sentiero tra le ginestre.
Si potrà tenere, per un po’ di tempo, come punto di
riferimento una casetta isolata ("la Casettòla") che si
trova davanti a noi , un po’ in alto sulla destra; ma non
meravigliarsi più di tanto, se arrivati nelle sue prossimità essa
non sarà più visibile dal sentiero.
Prendiamo adesso a riferimento un gruppetto di alberi alti
(lecci, roverelle, olmo): è lì che bisogna individuare la
prosecuzione del sentiero che riparte alla sinistra degli alberi.
(Dall’inizio sarà trascorsa circa una mezz’ora).
Sulla cresta del primo confine.
Il sentiero procede un po’ a zigzag, ma complessivamente in
direzione Nord. Vale la pena, ogni tanto di girarsi indietro e
guardare verso Sud: si vedrà d’infilata l’intera Valle Fasana,
fino al mare: sulla destra il ventaglio dei monti si apre mostrando
le cime di: Romanelli (m. 385), Pannozzo (m. 588), Leano (m. 676).
Cavallo Bianco (m. 532), Romano (m.863).
Attraversiamo ora una vegetazione bassa, degradata a gariga dagli
incendi (erica multiflora, cisto, calicotome, ampelodesma, timo e
qualche ceppaia di corbezzolo.
I venti minuti impiegati a percorrere questo tratto saranno
ampiamente ripagati dal panorama mozzafiato che si godrà dalla
cresta (m.525 s.l.m.).
Qui, sullo spartiacque della sella formata dall’incontro dei
monti dell’Acquasanta e Leano, passa il confine tra i comuni di
Terracina e Monte San Biagio, già confine tra lo Stato Pontificio
ed il Regno di Napoli. Ai nostri piedi si spalanca Valle Marina ,
attraversata in tutta la sua lunghezza dalla ferrovia che va ad
infilarsi sotto la galleria di Mont’Orso in direzione NO, mentre
in direzione SE si apre alla Piana si Fondi, a Sperlonga, al mare.
In alto, l’intero arco degli Ausoni prosegue negli Aurunci (f. 3
-6).
(Dalla "casettola", che non abbiamo più visto, alla
cresta abbiamo impiegato circa 20 minuti).
Verso il valico delle carbonaie.
Dopo una doverosa piccola sosta per ammirare il panorama, bisogna
rintracciare il sentiero sulla pietraia di vetta. Guardiamo verso NO
la cima di Monte Romano: il confine passa sulla cresta più alta di
circa 60 metri rispetto al punto dove siamo, prima di formare una
seconda sella con Monte Romano (f.4). ‘E lì che il sentiero passa
sull’altro versante ed entra in quello che era il Regno di Napoli.
Per il momento ci terremo ancora in comune di Terracina, senza
perdere di vista Valle Fasana (f. 5 - 7), sempre continuando a
salire a mezza costa. Come punto di riferimento potremo prendere una
piccola sughera e, quando arriveremo nei suoi pressi, prenderemo il
sentiero in salita, sulla destra. Dopo un quarto d’ora si giunge
in una zona boscata di lecci e lentischi, ed in radure usate come
carbonaie. Qui la vegetazione forma delle isole verdi, intorno alle
quali si gira e ci si rincontra se si è imboccata una via diversa
(f. 8). Si tenga presente che bisogna guadagnare il fianco di Monte
Romano che si affaccia su Valle Marina è lì che continua il
sentiero, in direzione NO.
(Dalla cresta del "primo confine" al "confine
delle carbonaie" sarà trascorsa circa una mezz’ora.)
Attraverso in Regno di Napoli.
Il Comune di Monte San Biagio, come quello di Terracina e di Sonnino,
ha posto uno dei punti di confine del suo territorio sulla vetta di
Monte Romano di cui ne possiede uno spicchio di circa 90 gradi.
All’altezza in cui ci troviamo (m. 583 s.l.m), il sentiero,
dopo aver screstato (f. 9), continua a salire fino a quota 737; esso
è abbastanza rettilineo, ben terrazzato ed agevole (f. 10),
costituisce, a mezza costa, la base lunga un chilometro al triangolo
di territorio appartenente a Monte San Biagio, triangolo che ha il
suo vertice nella vetta di Monte Romano.
Cogliamo qui l’occasione per ricordare come, in tempo di
brigantaggio, personaggi ben più frettolosi di noi, in meno di un
quarto d’ora, potevano uscire dallo Stato Pontificio, attraversare
il Regno di Napoli e rientrare di nuovo nello Stato Pontificio,
sottraendosi così a qualunque inseguimento.
Questo chilometro di sentiero in comune di Monte San Biagio
consente una visione spettacolare su Valle Marina e sulle cime più
alte degli Ausoni:si percorre una lecceta matricinata di recente (f.
11).
Si faccia attenzione, a metà sentiero (f. 12), ad un cavo d’acciaio
teso, che funge da teleferica per il trasporto del legname verso la
parte più interna di Valle Marina. Dopo una ventina di
minuti si arriverà su una nuova cresta , in comune di Sonnino, e da
lì si scoprirà il terzo versante che si apre sulla Pianura Pontina
e sulla catena dei Lepini (f.13).
Cippo di confine e cisterna coperta.
Da questo punto, cominciando a disxcendere e sempre seguendo la
marcatura giallo e blu, dopo una decina di minuti si arriva ad un
cippo di confine che reca scolpito, da una parte il giglio borbonico
e dall’altra le chiavi pontificie (f.14). Piegando a sinistra si
incontrerà immediatamente una cisterna coperta, probabile opera dei
monaci di Fossanova, (f.15). Dopo una decina di minuti si arriva ad
un grande "stazzo" abbandonato.
Lo "stazzo" abbandonato:
Il bosco davanti a noi è abbastanza rado e, come quasi sempre
accade in questi casi, i sentieri si moltiplicano. Attenzione a non
lasciarsi fuorviare dalle marcature bianche e rosse verticali che si
possono incontrare se si fa il giro un po’ troppo largo (con quei
segni si indica un sentiero da e per altre destinazioni). Noi
dobbiamo scendere sulla sinistra, in direzione Ovest, senza
abbandonare il versante di Monte Romano.
Dopo meno di mezz’ora ci si troverà su degli ampi pascoli
(f.16) e, tra essi si noterà un recinto in pietra di uno
"stazzo" per il ricovero del bestiame; inglobato nel suo
perimetro c’è la struttura di una capanna circolare che da al
complesso l’aspetto di una fortificazione (f. 17).
La Ripa di Cascano. Dallo
stazzo si procede sulla sinistra e, sul limitare dei boschi che
rivestono Monte Romano, si incontrerà una cisterna per la raccolta
dell’acqua piovana ed anche l’ampio sentiero che aggira Monte
Romano, dapprima in direzione Ovest, poi, sempre più verso Sud.
Man mano che si procede, appaiono: La Semprevisa (f.18) Priverno,
Monte Pecorone, la Pianura Pontina ed il promontorio del Circeo (f.
19). Verso Sud il mare si vede inquadrato tra le cime di Monte
Pannozzo e di Monte Leano (f. 20). Finalmente ai nostri piedi si
apre la valle di Campo Soriano (f. 20). In poco più di un’ora
saremo alla Ripa, sulla strada carrabile.
Si faccia attenzione a metà di questo tratto di percorso, non
bisogna procedere troppo avanti sul versante esposto a Sud di Monte
Romano, si rischia di incontrare calanchi, tra gli enormi pietroni
del campo carsico. Il nostro sentiero, invece, nell’ultima metà
del percorso scende a zigzag, con frequenti cambiamenti di
direzione.
La "Ripa".
Il piccolo nucleo di abitazioni in pietra locale e malta rosata è
quanto rimane di un discreto insediamento della fine del secolo
scorso ed ora quasi completamente abbandonato.(f. 21) Tutto intorno
i terreni disboscati erano , e sono ancora, piantati a vite e ad
ulivi, meravigliosamente integrati con il paesaggio caratterizzato
dai grandi massi del campo carsico. I terreni più aperti erano una
volta destinati ai seminativi e al lino. Le strutture ben inserite
nell’ambiente testimoniano l’autosufficienza e la dignitosa
essenzialità di vita delle generazioni che ci hanno preceduto.
(Dalla "Ripa" al bivio di Santo Stefano, presso cui
abbiamo iniziato il percorso, circa 45 minuti su strada asfaltata).
Il campo carsico di Campo Soriano.
Questo è uno dei pochi punti dell’intero bacino del Mediterraneo
in cui la successione dei fenomeni tettonici, idrologici, carsici si
presenta più leggibile e spettacolare.
Le quattro fasi che hanno generato il "polje", le
doline, gli inghiottitoi, gli "hum"(tra cui il più
conosciuto, denominato "Rava di San Domenico"), e tutti
gli altri aspetti del campo carsico, meritano una visita più
specifica ed approfondita di quella che l’escursionista è
disposto a dedicare ora a questa località, dopo una lunga
passeggiata.
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